In questo periodo di emergenza sanitaria, di strutture al collasso, Fondazione Città Solidale ha aperto “le sue braccia” per accogliere 11 persone. La Fondazione ha risposto all’appello del Presidente della Regione Jole Santelli, della Protezione Civile, dell’Asp, del Prefetto e di diversi sindaci del territorio di mettere a disposizione una delle sue strutture, in un luogo protetto ed appartato della zona sud della Città Capoluogo, per accogliere i professionisti, i colleghi contagiati dal Coronavirus e provenienti dalla struttura Domus Aurea di Chiaravalle. Una casa accogliente, un posto sicuro con spazio verde e recinzione, per delle persone che si sono imbattute in un terribile dramma e che hanno bisogno di un luogo dove trascorrere il periodo di quarantena. Si tratta di undici operatori risultati positivi al Coronavirus ma asintomatici che si trovavano in una situazione molto precaria e ormai insostenibile. La struttura era stata preventivamente visionata dagli organi competenti dell’Asl che l’hanno definita “eccellente”. Ovviamente si sono prese tutte le precauzioni di sicurezza per loro e per i cittadini. Il Presidente padre Piero Puglisi ha voluto precisare: «Non ci siamo mai tirati indietro nell’aiutare chi si trovava in una situazione di bisogno, e non lo abbiamo fatto nemmeno adesso. La Fondazione nasce come Onlus e come ente religioso e rivolge sempre il suo sguardo a chi ha bisogno di un aiuto fattivo ed immediato. In questo momento particolare c’è bisogno che si dia la giusta importanza ed il valore che merita all’accoglienza, perché tutti siamo interessati ad una situazione di grave emergenza. Nessuno può sentirsi sicuro e nessuno quindi può essere certo di non avere bisogno di aiuto. Nessuno può essere lasciato solo, soprattutto in questo periodo. E’ tempo per tutti di riflettere sul valore immenso che ha la vita umana ma, intanto, bisogna offrire una solidarietà concreta e fattiva». Nonostante siano trascorsi alcuni giorni dall’accoglienza, continuano però i segnali di disapprovazione, i falsi allarmismi, generati sicuramente dalla paura, sono il feedback di una società che però deve ritrovare un pò di umanità ed empatia e ci costringe ad un ripensamento del nostro stile di vita e delle nostre scelte. Tra quegli infermieri potevamo esserci anche noi, qualche nostro familiare, un parente o un amico …  Cosa avremmo desiderato? In un momento delicato per chi come noi continua a lavorare e a garantire un’assistenza necessaria c’è bisogno di garantire il rispetto (se non l’ammirazione) e la pronta disponibilità a venire incontro ed aiutare. Dobbiamo sostenere gli undici infermieri che si sono contagiati mentre garantivano un servizio necessario ed ora vivono con responsabilità un periodo di isolamento per evitare che il mostro invisibile colpisca anche i loro affetti più cari. Noi continuiamo la nostra opera, seguendoli con attenzione e discrezione da lontano, pronti a venire incontro alle loro esigenze quotidiane, consapevoli che i gesti di solidarietà dovrebbero moltiplicarsi per rendere migliore questa umanità.