Per l’Italia è importante il lavoro, a tal punto che il primo articolo della Costituzione (quello che descrive in un certo senso l’identità del paese) afferma solennemente che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. E già qui vengono in mente tutte le battute, i sorrisi, anche il disincanto di chi pensa: “Sì, … a parole!”. Ma c’è un altro articolo della Costituzione, precisamente il 4°, che completa il senso di quello che si dice nel 1°: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto (…)”. Dunque lo Stato e le sue Istituzioni devono fare in modo che questo diritto riconosciuto e fondamentale sia anche esercitato e diventi effettivo. Così, ci sono tutti gli interventi e le misure per favorire l’occupazione, per far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro, perché nessuno sia discriminato, per sostenere persone ed aziende in tempo di crisi. Ed è quello che sta succedendo ora.
Per la salute dei cittadini – si dice – è stata sacrificata l’economia. Il problema è che, quando parliamo di economia, non parliamo solo di grandi sistemi, di speculazione, di profitto a vantaggio esclusivo di pochi, ma parliamo anche delle condizioni concrete della gente. In questo periodo di lockdown, molte persone e famiglie hanno dovuto interrompere e chiudere le loro attività, perdendo la loro fonte di sostentamento e non essendo sicure di poter riaprire quando le misure verranno allentate (la famosa fase 2, che tutti aspettiamo con trepidazione, per vari motivi). Molte persone ed aziende hanno dovuto far ricorso ai cosiddetti “ammortizzatori sociali”, il più noto, la cassa integrazione o, anche i sussidi che sono stati erogati ai lavoratori autonomi, ma si tratta sempre di misure che non possono essere completamente risolutive.
Tutti ci dicono che niente sarà come prima, ed anche nel campo del lavoro bisognerà ripensare molte cose. Si parla di favorire lo smart working, il lavoro intelligente, a distanza. In molti casi, è sicuramente auspicabile (saremmo tutti felici di evitare code interminabili e maratone fra uffici, giusto per ottenere il rilascio di un documento), ma cosa fare con tutti quei lavori che a distanza non si possono fare e come garantire anche ai quei lavoratori le giuste condizioni di sicurezza? Pensiamo agli operatori sanitari, sociali, a chi si occupa della pulizia o della manutenzione, giusto per fare qualche esempio. Si rischia di creare nuove disuguaglianze, fra lavori smart (intelligenti) e lavori che sembrerebbero non esserlo. Senza tenere conto anche del fatto che c’è ancora un’ampia fascia della popolazione che non sa o non può accedere alle piattaforme informatiche e che sarebbe tagliata fuori da molte opportunità.
Altro fattore da considerare in questo tempo, soprattutto per motivazioni etiche, ma anche per motivazioni economiche: la crisi dell’agricoltura per mancanza di manodopera. Campi incolti, frutta e verdura abbandonate a marcire perché non ci sono i lavoratori che se ne occupavano. Si trattava nella maggior parte dei casi di immigrati, sia regolari che irregolari (purtroppo), anche loro obbligati al blocco, costretti quasi sempre a vivere in condizioni in cui il distanziamento sociale o la sanificazione sanno di beffa …. Metterli in condizione di lavorare regolarmente (con una sanatoria che già alcuni paesi, come il Portogallo, hanno attuato,) aiuterebbe loro ed aiuterebbe anche l’agricoltura.
E c’è infine un’ultima considerazione da fare: il lavoro non è solo un diritto, ma è anche un dovere. Ce lo dice sempre l’articolo 4 della Costituzione: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Dunque, chi un lavoro ce l’ha dovrebbe considerarlo come un bene prezioso, da tutelare e difendere, ma anche come una responsabilità sociale, come la possibilità di contribuire al progresso materiale e spirituale della società, dunque di costruire una cittadinanza più a misura d’uomo, che non lasci indietro nessuno. Soprattutto, chi un lavoro non ce l’ha o ce l’ha precario. Con questo spirito ed in questa prospettiva: Buona festa del lavoro a tutti!