Ricorre oggi la giornata internazionale della famiglia, istituita nel 1994 dalle Nazioni Unite. La 26° giornata si inserisce nel contesto sociale, sanitario ed economico di grande difficoltà che stiamo vivendo, quello causato dal Covid-19. Non posso non pensare, allora, alle condizioni vissute dalle famiglie negli ultimi due mesi, tempo di distanziamento sociale e di “arresti domiciliari” … Tutti insieme, genitori e figli, nella stessa casa, a condividere gli spazi (in molte situazioni neanche abbastanza comodi), il ritmo della giornata, lunghe ore per impegnare il tempo, in un modo o nell’altro. Quante opportunità in tante case! Abituati a correre, a portare avanti i propri impegni e le proprie responsabilità, i propri interessi e gli hobbies personali, non era mai sufficiente il tempo per stare insieme, per coltivare gli affetti, il legame familiare e, spesso, ci si vedeva solo a tarda sera, o nel fine settimana, quando era possibile. Molte famiglie, pur nella sofferenza di accettare tante restrizioni, hanno goduto di questa possibilità preziosa – forse senza ritorno – e di crescere nei rapporti e nel senso di appartenenza. In fondo, solo per fare un esempio, seppure sia una sfida, è bello e stimolante per papà e mamma mettersi accanto ai figli ed aiutarli a studiare, ad impegnare positivamente il tempo, a costruire percorsi virtuosi, ad ascoltarli in profondità, con attenzione e con il tempo necessario … Penso anche però che l’impegno responsabile di non raggiungere altri nuclei familiari, nel ramo parentale, sia stato un grosso sacrificio ed una grande rinuncia: non poter vedere i genitori anziani e non poterli supportare nelle loro numerose necessità, non poter ricevere l’abbraccio e le attenzioni dei nonni, degli zii …, non è stato semplice. Quante feste passate diversamente dal solito, chiusi in casa e senza potersi ritrovare con persone care … Forse proprio in questi momenti di privazione abbiamo però potuto apprezzare le cose che facevamo prima e ci sembravano così normali e scontate … È bello poter passeggiare, fare sport, usare ampiamente della propria libertà di movimento, incontrare e relazionarsi con gli altri, in maniera più o meno intima, a seconda dei rapporti … Ora, forse, ne siamo più consapevoli e convinti. Ora, probabilmente, sappiamo dare un valore più prezioso alla famiglia, all’amicizia, alla relazione in genere …
La casa è un bene rifugio prezioso per ogni uomo e per ogni famiglia e penso che tutti, in un modo o nell’altro, amiamo la nostra casa. Certo, in questi mesi molti l’hanno sentita anche piccola e stretta: e tuttavia sperimentiamo tutti, ogni tanto, la gioia di poterci ritirare in casa, nella nostra camera, chiudendo fuori, almeno per un momento, le molte occupazioni e preoccupazioni che la vita ci presenta. Dunque, il desiderio della casa tocca un pò il cuore di tutti. Proprio come accadeva già in quel tempo ai discepoli radunati attorno a Gesù per l’ultima cena, secondo il racconto del Vangelo di Giovanni (Gv 14,1-12): anche quei discepoli sentivano forte il desiderio di una casa dove trovare pace, sperimentare e gustare relazioni serene e belle. Perfino Gesù ci fa intravedere una casa, anche se di un’altra natura, “la casa del Padre mio” (Gv 14,2), una casa che ha molti posti, un posto per ciascuno di noi, un posto che ci può davvero dare la serenità cercata. Il loro cuore, dice il Vangelo, era “turbato” (Gv 14,1): affannato, agitato, proprio come il nostro cuore quando non riesce a trovare una casa tranquilla, un cuore, un ‘affetto’ in cui riposare. Il nostro cuore rimane turbato, e ci ritroviamo spesso affaticati e spaesati lungo le strade della nostra vita. Perché sarà pure vero che la casa del Padre è bella ed ha molti posti: ma intanto ora ci troviamo su strade ancora piene di affanni e di paure, e non è detto che ci conducano proprio alla casa tanto desiderata. Ci sono padri e madri oggi molto preoccupati per la serenità della propria famiglia, che non riescono ad intravedere un futuro sereno per i propri cari o, addirittura che, già nel momento presente, non riescono a garantire il necessario. Molte persone sono in Cassa integrazione, molte hanno perso il lavoro, tante attività sono state sospese e sono a rischio settori importanti, quali il turismo, l’agricoltura, il piccolo commercio e non solo … Dove può trovare sostegno la famiglia? Quale speranza alimentare? In che modo?
Forse ci può aiutare ricordare che la casa, la dimora di cui parla Gesù è vivere lo Spirito. E il fatto di essere stati costretti a stare in casa ci ha fatto scoprire come non un nuovo tempio fatto di pietra, né un tabernacolo per trattenerlo, né un altare per il sacrificio, ma la dimora è la via, la strada-dimora è lui stesso, Gesù. La Parola che la liturgia della Chiesa sta proclamando in questo tempo pasquale alla famiglia ci presenta la via da percorrere in questo tempo di crisi: la via è seguire lui, che ci permette di trovare posto per dimorare nello Spirito, per non perdere la pace, per lasciarci condurre verso mete sicure. Tutto questo significa lasciare che Gesù illumini la nostra vita e che la interroghi con la sua Parola. La vita non è la promessa della vita eterna, ma è Gesù stesso, sorgente della vita, che trasmette e fa scorrere, anche nelle tortuosità complicate e accelerate del tempo che viviamo, la sua linfa di coraggio, audacia, compassione, tenerezza, perdono. Perché Gesù ci insegna con la sua vita che la verità non consiste in cose da sapere o da avere, ma è un modo di vivere, è una persona che offre la vita e che con i suoi gesti libera dal male, allontana i pericoli e trasforma la nostra vita nella sua dimora.
Siamo stati coinvolti in una grande epidemia della nostra “casa comune”, che è il nostro mondo, le nostre comunità, il nostro corpo. In molti modi già prima ci è stata annunciata la necessità di cambiare il nostro stile di vita, ma ora ne sperimentiamo tutta la vulnerabilità. In questi giorni i nostri discorsi evidenziano pensieri confusi, sentimenti colmi di paura e comportamenti ancora incapaci di rispondere adeguatamente alla diffusione del male. Molte famiglie sono, dunque, giustamente disorientate e timorose. Credo che il primo passo da compiere verso un nuovo modo d’intendere la nostra esistenza è il risveglio spirituale, è il recupero del senso di meraviglia che la creazione ogni giorno ci offre. Il primo passo è innamorarsi della bellezza della vita, della natura, del cosmo e lì confessare il Dio della vita e sempre a lui affidarsi. Perché il Signore è entrato in ogni casa, è voluto “rimanere” con ogni famiglia. La sofferenza e il dolore, la morte ci hanno colpito e non possiamo allontanarli. Siamo in un momento della storia umana che potremmo definire ‘oscuro’, ma la ripartenza, che amerei definire ‘resurrezione’, segna l’inizio di una conversione radicale, di una nuova vita, e la notte è il passaggio dalla disillusione alla speranza. Oggi, come civiltà, stiamo attraversando questa situazione difficile e abbiamo bisogno di proteggere la nostra casa comune, le nostre famiglie e tutta la famiglia umana, ma la difesa non viene solo da distanza, mascherine, dal lavoro telematico a casa, diagnosi e cura … È necessario recuperare il senso di una rinascita creativa, come una risurrezione appunto, per far nascere nuove forze al servizio, protezione, cura e rispetto del creato, di tutta la comunità umana, e dello spirito del nostro corpo, che abita in noi. Il desiderio della casa, di una famiglia al sicuro, del dimorare, come dice Gesù, diventa allora il desiderio di una vita nuova: una vita che inizia oggi, nell’incontro con Gesù risorto, il Pastore vero; una vita che sa custodire tutti i doni preziosi in essa nascosti; ma anche una vita che guarda avanti, alla dimora promessa, del Padre. La forza di ogni famiglia sarà quella di poter contare su relazioni forti: si tratta di curare sempre più e sempre meglio gli affetti, i rapporti, la rete (familiari, parenti, amici, vicini …) perché, come ho avuto modo di ripetere ormai in tante occasioni, la vera casa è la relazione positiva, il luogo in cui ci sentiamo accolti, amati, lo spazio nel quale possiamo amare, a nostra volta, con un cuore di carne. Allora, avanti tutta famiglia, ce la faremo!